Videoartisti come Bill Viola, cineasti come Peter Greenaway, Akira Kurosawa e Lech Majewski. Che cosa accomuna queste figure?
Per rispondere, potremmo muovere da quel che ha sottolineato Alessandro Baricco nella parte conclusiva di The Game. Che cosa accade ai “vecchi oltremondo” (letteratura, teatro, arte) – si chiede Baricco – quando le conquiste del web e del digitale dilagano nei loro territori? Assediati, spariscono? O riescono a resistere? Oppure, si adattano al nuovo habitat? Alcuni artisti continuano a comportarsi come avevano fatto per secoli. Altri capiscono che è avvenuto qualcosa di epocale, con cui occorre fare i conti. Consapevoli del fatto che “il campo da gioco si è fatto più difficile” e che viviamo in un “mondo in cui c’è molto più traffico di una volta”, provano a salvaguardare l’identità dei “vecchi oltremondo”, in grado di assicurare la trasmissione di saperi, di conoscenze, di memorie. E, insieme, si aprono ai “nuovi oltremondo”, intrecciando “la realtà di oggi e i sogni di ieri, (…) il benessere di oggi e l’audacia di ieri, (…) l’intelligenza di oggi e il sapere di ieri, (…) la patria di oggi e quella di ieri”.
Viola, Greenaway, Kurosawa e Majewski condividono il bisogno di sfidare e di riattivare momenti significativi della storia dell’arte, sperimentando originali forme di rilocazione. Ove, con questo termine, come è stato ricordato da alcuni studiosi di media, si intende uno slittamento semantico e geografico inatteso. Specifiche icone trasmigrano dal loro consueto ambito verso altri continenti. Una particolare “esperienza mediale” si riattiva nel momento in cui viene riproposta in un luogo diverso rispetto a quello in cui si era formata: con altri strumenti, in altri ambienti. Riferimenti a precise matrici culturali vengono assunti e ri-abitati. Sono richiamati nel loro divenire, sulla soglia tra ciò che è stato e ciò che sarà. La rilocazione è artificio della presa in prestito, del rimodellamento e del riposizionamento. Una certa situazione passa da un medium a un altro – e ne esce modificata. Si tratta di spostamenti tesi a risituare alcuni eventi dentro una costellazione fisica e tecnologica differente. Quando sono condotti al di fuori dei loro recinti, quegli eventi vengono ri-simbolizzati. Acquisiscono inedite possibilità espressive, inesplorate dimensioni, altre funzioni. Inaugurano nuovi scenari, nuovi rituali. Favoriscono altre avventure del corpo e dello spirito. Ma perdono anche qualcosa di se stessi. Permanenze e rimodulazioni generano drammaturgie visive talvolta alternative alla fonte di partenza. La pittura viene riproposta quasi nella medesima maniera: alcuni aspetti restano, altri svaniscono, altri ancora emergono. Ci appare “altra”. Eppure, la riconosciamo nella sua identità. Conserva sempre uno stringente rapporto con l’origine da cui proviene.